Sono gli ultimi anni ’80 che vedono Roberto Pamio nuovamente artista, dopo aver privilegiato il suo essere architetto e designer con eccellenti e innovativi progetti di ricerca sia nel rigore della resa degli spazi che nell’utilizzo, anche sperimentale, dei materiali. Le opere pittoriche degli anni ’80 e ’90 rivelano una necessità di autonomia, identità altra dal “Roberto Pamio architetto e designer”. Il gesto grafico e pittorico si libera da un’esigenza insistente di razionalità della composizione, pur mantenendone un certo rigore; le linee si fanno più morbide, quasi naturali nel segno, i colori più accesi e squillanti, protagonisti di un ritmo ben definito, rapido, descritto in un gioco di linee divergenti, espressione di quella volontà di ricerca che caratterizza tutto “il fare” di Roberto Pamio. La pittura di questo periodo varia nei temi ma ritornano, con una forza propulsiva perturbante, quelli degli esordi, ulteriormente parcellizzati, scarnificati in nome di un gesto, di un segno che esprima la primigenia vitalità malinconica di un volto, di uno sguardo, di una solitudine, di un paesaggio della mente e dell’anima. Frammenti di spazi e di luce che annullano il tempo e chiedono la necessità di uno sguardo puntuale in chi fruisce dell’opera. Per un “carpe diem” che non è solo cogliere l’attimo, ma è soprattutto scelta, selezione di quell’attimo.
Testo di Paola Bellin
